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MINDFULNESS

L'utilizzo clinico della mindfulness nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni 70, quando un ricercatore di biologia, Jon Kabat Zinn, che aveva una profonda conoscenza personale della meditazione vipassana theravada, iniziò a studiare un protocollo con gli esercizi di base della meditazione di consapevolezza su ampi campioni di pazienti in trattamento o in riabilitazione.  L'eminente pioniere dell’applicazione terapeutica della mindfulness, la definisce come “la consapevolezza che emerge prestando intenzionalmente attenzione, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza, momento per momento” (Kabat-Zinn 2003).

 

Sono scientificamente dimostrati i risultati dell’efficacia clinica della mindfulness sia nei confronti di patologie psichiatriche (depressione, disturbi d’ansia, disturbi alimentari, abuso di sostanze, disturbo borderline, etc.), che di disturbi di tipo medico (oncologia, psoriasi, dolore cronico). Negli Stati Uniti e in Francia il protocollo è parte integrante dei servizi riabilitativi di molti reparti ospedalieri. In America è presente in oltre 250 presidi ospedalieri ed è insegnato in molte università agli studenti di medicina.

 

Disinnescare il "pilota automatico": la pratica della mindfulness permette una capacità progressiva di maggiore presenza al qui ed ora, ci apre ad esperienze inaspettate, alla ricchezza del momento presente, alla pienezza del vivere. Ci aiuta ad affrontare anche il disagio, la sofferenza e il dolore. E' qui si gioca uno degli aspetti più interessanti di questo approccio che ci chiede e ci insegna a non respingere e a non negare questa dimensione ma a farne motivo di crescita e persino di creatività, attraverso un percorso di “accettazione/accoglienza”.

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